Siamo ancora qui, a Napoli, e stavolta ci occupiamo di una mostra molto interessante, ospitata nel Maschio Angioino. Stiamo parlando di Sacri spiriti. I Songye nella Cappella Palatina, la più importante esposizione mai realizzata sulla scultura tradizionale dei Songye, un gruppo etnico africano insediato in un ampio territorio della regione centrale, quadrante sud-orientale, della Repubblica Democratica del Congo.
La mostra può essere visitata gratuitamente fino al 15 gennaio 2023 da lunedì a sabato dalle 10 alle 17 e la domenica dalle ore 9.00 alle ore 12.30. Le informazioni che seguono sono tratte dalla rivista online Africa - La rivista del Continente Vero
L’arte dei Songye non è mai stata presentata in Italia e anche nel mondo le esposizioni espressamente dedicate a questa popolazione sono state rarissime. Eppure, ben poche sculture come queste (in lingua locale mankishi) incarnano l’immaginario della creatività africana.
Sono ciò che un tempo chiamavamo “feticci” e oggi, con termini meno negativi, “figure di potere” o “effigi cultuali”. Si tratta di oggetti magico-protettivi frutto dell’intervento congiunto di scultori, di fabbri e di specialisti rituali che li hanno attivati mediante canti, preghiere e l’aggiunta di elementi animali e naturali.
La natura omogenea degli oggetti in mostra (oltre 130 opere) offre l’opportunità di cogliere alcuni elementi costitutivi dell’essenza di questi manufatti, nonché della loro collocazione nelle collettività di origine.
Per parte nostra possiamo dire che queste figure in legno hanno esercitato su di noi un certo fascino, misto ad una vaga inquietudine; perciò la migliore cosa da fare è condividere con voi queste sensazioni, mostrandovi le nostre foto:
I chiodi metallici piantati soprattutto sul volto e sul tronco potrebbero rappresentare i bubboni del vaiolo diffuso nel territorio Songye fra la fine dell'800 e l'inizio del '900:
Come evidenziato sul Venerdì di Repubblica del 28 ottobre, i curatori della mostra hanno fornito dettagliate indicazioni sui diversi stili delle sculture e sui "maestri" e le relative "botteghe" che le hanno realizzate, senza per questo tralasciarne l'importanza sociale e di culto, il ruolo di collegamento tra gli umani e le divinità.
D'altro canto, esporre questi mankishi in un luogo così significativo della cultura italiana come la Cappella Palatina, le cui pareti furono affrescate anche da Giotto, rivela l'intento di considerarle in primo luogo opere d'arte.
E con questa immagine effettivamente inquietante concludiamo la visita a questa mostra così particolare e stimolante: alla prossima!!
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